36. Lo sguardo
di Corboz
André Corboz è un autore. Ma, si chiederà,
"autore di cosa"? Di norma è una domanda legittima perché
nel grande mondo della comunicazione abbiamo bisogno di generi e specialismi
ma il field base del cognome è nel suo caso riempito solo
da un sostantivo: intelligenza. Che si occupi di urbanistica attraverso
l'analisi puntuale di un episodio (L'invenzione di Carouge)o in
saggi di bilancio e proiezione al futuro ("L'urbanistica del XX secolo",
"Il territorio come palinsesto", "L'ipercittà") oppure di storia
dell'arte (Canaletto, Una Venezia immaginaria in cui rivela che
le vedute del pittore sono in realtà costruzioni critiche, anziché
viste oggettive) o di storia dell'architettura ("A proposito del tema del
tunnel") quello che guida Corboz è una lotta intellettuale con in
mondo.
Leggere Corboz vuole dire essere condotti, lungo percorsi dolci e ondulati (magari quelli nei dintorni di Ginevra dove è nato nel 1928). Si cammina, si incontra e si osserva, si pensa insieme. Questi viaggi sono ricchi di scoperte anche lungo itinerari che credevamo di avere già battuto in lungo e in largo, perché Corboz rivela angoli che non avevamo mai visto così. Per esempio nello scritto "Avete detto spazio?" spiega come la concezione del vassoio del funzionalismo Ciam (spazio illimitato, isotropo su cui poggiare architetture volume) si leghi al neopositivismo, all'illuminismo, all'utopia, alla concezione di Isaac Newton. Chissà, nel Medioevo parlare con un tale maestro sarebbe possibile solo dopo aver attraversato baratri, sconfitto draghi, superate foreste di spine; oggi si compra un libro. Ecco perché la pubblicazione di Ordine Sparsocon una serie di scritti selezionati che proseguirà a breve con un secondo volume, è un evento. È nato dall'incontro tra una casa editrice - Franco Angeli - che persegue una pubblicazione saggistica di qualità, in cui è il testo il valore, un direttore di collana come Bernardo Secchi e la curatrice Paola Viganò che muove la propria ricerca tra progettazione architettonica e urbanistica. Secchi tratta della categoria del nomadismo: "antiaccademico per eccellenza" Corboz "non si sente legato ad alcun campanile, ad alcuna chiesa; sa che le divisioni disciplinari sono un costrutto, esito di una divisione del lavoro sempre revocabile, che non riflette alcuna verità epistemica. Come il nomade Corboz pianta il proprio campo studiando il luogo, l'oggetto della sua ricerca, pronto a spostarsi, a modificare il modo di insediarvisi". La curatrice oltre alla selezione dei saggi e alla revisione delle traduzioni il cui italiano fila sempre liscio ed elegante scrive un saggio di inquadramento che rivela come Corboz sia stato vicino a Bruno Zevi, autore che insieme a Marcello Fagiolo, Eugenio Battisti, Jean Starobinski e Paul Zumthor, rappresenta un riferimento. Inoltre la Viganò riassume con efficacia i lavori principali ed estrapola alcune citazioni che diventano guida per procedere.
In particolare una: "Se diventa domanda lo sguardo genera un campo". Detto così sconcerta, in realtà vi è condensato il pensiero di Corboz. Lo sguardo è il nostro comunicare con il mondo. Senza sguardo (curiosità, amore, passione) non v'è relazione.
Ma se lo sguardo diventa domanda allora c'è un
passo, uno scarto perché quello che osserviamo entra intellettualmente
in noi. Si formula cioè "l'ipotesi" che trasforma lo sguardo in
azione attiva che genera "un campo". Che è quello della ricerca,
delle sue strade, del suo processo di legittimazione (che si chiama "verifica"
nelle scienze esatte o "efficacia" nelle scienze umane). Corboz ci parla
di tutto questo nel saggio "Per l'interpretazione" che è quanto
di più affilato abbiamo letto come teoria della critica contemporanea.
Sembra che la lotta sia tra soggetto e oggetto (tra chi vede l'opera come
"oggetto in sé" e chi la vede come proiezione del proprio io). Corboz
invece fa centro sulla domanda, sull'ipotesi e appunto sul campo interpretativo
quale ricerca costante di nessi e di rimandi che calamitano l'altrimenti
informe massa dei dati in nuove domande e parziali risposte. In questo
processo poniamo "d'assedio il reale fino alla resa". A poco a poco, anche
se Corboz mai esplicitamente lo dice, capiamo: la vera relazione è
sempre tra soggetti, tra noi e gli altri. Lo scienziato indaga solo apparentemente
la materia, in realtà si misura sulle interpretazioni precedenti
del fenomeno e sui residui delle teorie precedenti. L'indagine nelle scienze
umane (un quadro, un'architettura, un testo) si scontra anche con un secondo
soggetto: l'autore dell'opera. Quando progettiamo vi è un terzo
livello dove ci misuriamo anche con noi stessi, con quello che vogliamo,
con la nostra tensione a divenire e migliorarci. Daltronde per Corboz,
e non solo per lui, "il mondo non è mai da leggere", ma sempre da
"scrivere". Ecco perché il destino ultimo dello sguardo è
sempre e comunque il progetto. Immaginiamo allora un paesaggio: le colline
nei dintorni di Firenze descritte da Palazzeschi (dove tutto - casolari
e suolo, alberi e borghi - "sembra fatto dall'uomo"), un agglomerato di
rocce e case sul mediterraneo o un picco dolomitico (oppure paesaggi meno
nobili, più periferici, più derelitti, più inquieti).
Ed ora associamo alle immagini delle parole. Alcune buone sono: Frammentarietà,
Mutamento, Socialità, Spettacolarità.
Ora queste parole si possono adoperare con altrettanta efficacia per descrivere alcune ricerche di architettura, soprattutto quelle degli ultimi anni. E ricominiciare così a pensare e a progettare.
English
André Corboz is an author. But, one might ask, "author of what"?
Normally, it would be a legitimate question because in the great world
of
communications we need types and "specialisms", but the last name Corboz
is in itself a substantive for intelligence. Whether dealing with urban
planning through a timely
analysis of some episode (Invention de Carouge), historical outcome and
future forecasting ("L'urbanisme du XXe siècle", "Le territoire
comme palimpseste", "Apprendre à
décoder la nebuleuse urbaine"), art history (Canaletto, Una Venezia
immaginaria) in which he reveals that the painter's views are really critical
constructions rather than
objective views), or architectural history ("Peinture militante et architecture
révolutionnaire: à propos du thème du tunnel chez
Hubert Robert"), Corboz is guided by an
intellectual struggle with the world. Reading Corboz means being taken
by the hand along pleasant and undulating paths (ideally, those around
Geneva where he was born
in 1928). With him, one walks, encounters, observes, thinks. These trips
are rich with discoveries, following routes we thought we knew but along
which Corboz reveals
corners never quite seen just that way. For example, in his "Avete dello
spazio?", he explains how the conception of CIAM's functionalist vessel
(an unlimited, isotropic
space on which architecture, volumes may be rested) ties to neopositivism,
to illuminism, to utopia, and to the conception of Isaac Newton. In the
Middle Ages, speaking
and walking with such a master would have been possible only after having
crossed chasms, defeated dragons, overcome thorny woodlands; today, nothing
more is asked
of you than to buy a book?treasure. Here, then, is why the publication
of the Italian edition of Ordine Sparso, a series of selected writings
soon to be followed by a second
volume, is an event. It is the result of a meeting between Franco Angeli's
publishing house, which pursues quality non-fiction, the director of the
series, Bernardo Secchi,
and the editor, Paola Viganò, who also conducts research in architectural
design and urban planning. Secchi deals with the issue of nomadism: "anti-academic
par
excellence" Corboz "does not feel bound to a single cause, to a single
church; he knows that distinctions between disciplines are a construction,
the result of a division of
labor that can always be abrogated, that does not reflect any epistemic
truth. Like a nomad, Corboz plants his field by studying the place, the
subject of his research, ready to
move, to modify his way of territorializing." Apart from selecting the
essays and revising the translation (the Italian is even and elegant),
the editor, Viganò, has written an
essay that gives a complete picture. It reveals the close relationship
between Corboz and Bruno Zevi, an author who, together with Marcello Fagiolo,
Eugenio Battisti, Jean
Starobinski, and Paul Zumthor, has been a reference. She sums up the main
work effectively and extracts several quotations that serve as a guide
in how to proceed. One, in
particular: "If it becomes a question, the glance generates a field." A
bewildering statement but one that sums up Corboz's thinking. A glance
is our way of communicating
with the world. Without a glance (curiosity, love, passion), there is no
connection. But if the glance becomes a question, then there is a step,
a gap, because what we
observe enters into us intellectually. That is to say, "the hypothesis"
that transforms the glance into the action generating "a field" is formulated.
The field is that of research,
of its roads, of its process of legitimization (called, in the exact sciences,
"verification" or, in the human sciences, "efficacy"). Corboz speaks of
all of this in his essay, "Per
l'interpretazione", as refined a contemporary critical theory as we'll
ever read. The struggle seems to be between the subject and the object
(between one who sees the work
as "object in and of itself" and one who sees it as the projection of their
very self). Corboz hits the mark on the question, the hypothesis, and the
interpretive field of such
research full of links and references attracting the otherwise shapeless
mass of givens in new questions and partial responses. In this process,
we put "the real under siege
until it yields". Slowly, we understand, even if Corboz does not explicitly
say so: the true relationship is always between subjects, between us and
the others. The scientist
only apparently researches the material. In reality, he is measuring up
against earlier interpretations of the phenomenon, rejects and left-overs
of earlier theories. Research in
the human sciences (a painting, a work of architecture, a text) also collides
with a second subject: the author of the work. When we design, there is
a third level where we
also collide with our very selves, with what we want, with our tension
to become and better ourselves. Besides, according to Corboz, and not only
to him, "the world is
never meant to be read", but always to be "written". This is why the project
is always, and in any case, the ultimate fate of the glance.
Antonino Saggio
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Pubblicato originariamente su
L'Architettura cronache e storia
Direttore Bruno Zevi, Etas Compass, Roma
Antonino Saggio
Ordine Sparso di André Corboz
L'Architettura cronache e storia, n. 513-14,
Luglio 1998
Il libro cui si fa riferimento è
André Corboz
Ordine Sparso. Saggi sull'arte, il metodo, la città e il
territorio
a cura di Paola Viganò, prefazione di Bernardo Secchi, Franco
Angeli, Milano 1998
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