32. Dalla terra al Cad
Per farsi capire dalle manovalanze, Brunelleschi costruiva
continuamente dei modelli quando "con terra molle, quando con ciera, quando
con legnami, e in vero lo servivano molto quelle rape grandi, che vengono
la vernata in mercato, che si chiamano calcioni, a fare i modegli piccoli
ed a mostrare loro". (Giorgio Vasari)
Praticamente tutti i modelli rimasti del Quattrocento
e del Cinquecento italiano sono in mostra in il "Rinascimento da Brunelleschi
a Michelangelo" a Palazzo Grassi (sino al 6 novembre).
È la dodicesima esposizione organizzata dall'istituzione
culturale della Fiat a Venezia, ma la prima che ha come oggetto l'architettura:
un comitato scientifico formato da sedici esperti internazionali coordinati
da Henry Millon e Vittorio Magnago Lampugnani presenta un periodo dei più
fondamentali dell'arte del costruire. L'intento è scientifico e
didattico a un tempo. Diffondere nuove acquisizioni, ma anche stimolare
all'approfondimento il grande pubblico.
Circa cento anni racchiudano l'arco temporale della mostra
che si apre e si chiude con due geni, due città, due capolavori:
Filippo Brunelleschi (morto nel 1446) e Michelangelo Buonarroti (che esattamente
un secolo dopo ha l'incarico della fabbrica di San Pietro). La cupola di
Santa Maria del Fiore a Firenze e quella di San Pietro a Roma sono pietre
miliari della storia mondiale dell'architettura che non dovrebbero tradire
le attese del mezzo milione di persone che visiteranno la mostra.
L'esposizione ricostruisce l'intero quadro storico e
artistico che ha portato all'affermazione del Rinascimento italiano, il
"nuovo stile" che segna una frattura con il medioevo. Nei primi decenni
del Quattrocento, Brunelleschi rivoluziona la concezione dello spazio.
Per la prima volta al centro dell'architettura vi è l'uomo (non
l'Olimpo greco, il potere romano, il Dio medievale). I pittori, gli scultori
e gli architetti danno forma a uno spazio misurabile e dominabile razionalmente.
La prospettiva è l'invenzione scientifica che organizza questa concezione,
l'uso degli elementi normalizzati desunti dall'antichità (il capitello,
la colonna, la lesena, l'arco a tutto sesto eccetera) lo strumento di misura.
Ma se dalla Cupola di Santa Maria del Fiore, dal San Lorenzo
o dal Santo Spirito passiamo alla Biblioteca Laurenziana, al Campidoglio
o alla Cupola al Vaticano scopriamo che in cento anni una nuova rivoluzione
si è compiuta.
Uomo della temperie controriformistica, Michelangelo
sostituisce alla serena sicurezza dell'umanesimo fiorentino, il dramma.
La rivoluzione copernicana ha collocato fuori dal globo terreste il fulcro
del cosmo, Lutero ha esploso la compattezza della costruzione cattolica
con uno scisma, Macchiavelli ha teorizzato la "doppia morale" in politica,
il mondo non si ferma più a Gibilterra ma si apre su nuove impreviste
frontiere. La prospettiva (simbolo di un mondo unitario e controllabile
anche dal punto di vista religioso e filosofico) si smarrisce nelle deformazioni
degli ordini, nelle tensioni tra i volumi distinti, nelle articolazioni
trapezie degli invasi. È quello che Arnold Hauser chiama perdita
del centro, la condizione manierista della modernità.
La cupola di San Pietro conclude così l'umanesimo
rinascimentale e inaugura l'incertezza del contemporaneo con la sua inevitabile
tensione al molteplice, al contraddittorio, al non finito.
Una mostra di architettura parte da una condizione di
svantaggio rispetto ad una di storia, di pittura o di scultura. Quando
l'architettura è nelle sale di una galleria, il pubblico può
solo leggerne lo spartito. A questo svantaggio i curatori hanno risposto
offrendo una serie numerosa di materiali di supporto. Non solo disegni,
video, pitture (tra l'altro le famose tavole della città ideale
conservate a Urbino) ma soprattutto trenta plastici che conservati da quell'epoca
vengono a costituire il piatto forte dell'esposizione.
Immediata è la suggestione già all'entrata:
nell'atrio si colloca il modello di Antonio da San Gallo il giovane per
San Pietro (1539-46), mentre, sospeso sullo scalone d'onore si trova il
modello della cupola di San Pietro di Buonarroti. Michelangelo sovrasta
San Gallo: una evidente allegoria ricercata da Mario Bellini curatore dell'allestimento
per evidenziare lo scontro tra la tormentata creatività dell'uno
e il normativo professionismo dell'altro.
Il restauro del modello di San Pietro del 1539, portato
a termine da esperti guidati da Pierluigi Stevan in ben 90.000 ore lavorative,
rappresenta una grande acquisizione. Si trovava in stato di avanzato degrado,
ma oggi questa micro architettura che occupa una superficie di circa 45
metri quadri ed è alta quattro metri e mezzo consente al visitatore
di penetrare all'interno e di studiare lo spazio insieme ai più
minuti elementi decorativi.
I modelli di architettura nel Rinascimento servivano
a una varietà di scopi: alcuni erano destinati ai clienti per ottenerne
l'approvazione sia se l'incarico era già stato formalizzato, sia
se essi venivano realizzate per gare tra artisti. Il modello doveva simulare
l'effetto dell'opera anche attraverso alcuni "sottili aggiustamenti", come
ricorda Millon nel suo saggio nel catalogo Bompiani. Il modello del San
Gallo per esempio omette il piedritto alla base della cupola, una evidente
infedeltà costruttiva resa necessaria per rendere fedele l'effetto
spaziale per chi penetrava nel modello. Ma oltre a questo ruolo di presentazione
i modelli erano utilizzati per lo studio del progetto, per sondare delle
alternative sostituendo delle parti, per sperimentare il processo costruttivo,
per organizzare il cantiere, per parlare con le manovalanze come faceva
Brunelleschi comprando le rape al mercato e poi incidendole.
Ma considerazioni più rivolte all'oggi sono suggerite
da questa mostra. Esistono architetti che creano le loro strutture direttamente
in tre dimensioni con un processo simile a quello degli scultori Il disegno,
che per alcuni rimane lo strumento fondamentale per concatenare razionalmente
le decisioni, per progettisti come Frank Gehry o i Morphosis è solo
strumento di raffigurazione e di verifica a posteriori. Ma un'altra considerazione
nasce quando si pensa ai molteplici significati che proprio la parola modello
condensa (ben nove secondo lo Zingarelli). Oltre a rappresentazione in
scala ridotta di strutture edilizie, modello è anche l'esemplare
perfetto da imitare. Ecco allora che per tutta la mostra veneziana aleggia
San Pietro in Montorio di Bramante, il piccolo tempietto a pianta circolare
che siede in un cortile del Gianicolo a Roma. Modello di perfezione irragiungibile,
(tanto è vero che la perfetta emisfera della sua cupola non poté
venire riprodotta nella costruzione ogivale di San Pietro), ma anche modello
per la sua ridotta scala (è pochi metri più alto del modello
di San Gallo).
Ma un significato attuale della parola modello che segna
tutta la nostra distanza dal Rinascimento è quello di "schema teorico
elaborato in diverse scienze e discipline per rappresentare gli elementi
fondamentali di uno o più fenomeni" (modello statistico, modello
economico eccetera).
A prima vista si tratta di un significato estraneo all'arte,
ma che è diventato di grandissima attualità per gli architetti
attaverso l'informatica.
Grazie al calcolatore oggi si possono ottenerne in un
unico modello elettronico tutte le caratteristiche inseguite degli architetti
rinascimentali (ammaliare un cliente, studiare le fasi della costruzione,
produrre grafici di spiegazione per il cantiere, esplorare l'oggetto in
movimento, simulare la luce e le ombre, le perdite termiche o le strutture).
Ma è anche possibile avere quello che gli antichi non potevano neanche
immaginare
I dati contenuti nella raffigurazione elettronica di
un progetto non sono più rigidi (come nei supporti tradizionali)
ma sono facilmente modificabili. E non soltanto nella loro singolarità,
ma nelle loro relazioni di insieme. (Cambiare lo spessore di un muro in
un modello elettronico comporta la verifica simultanea sul costo, sui valori
termici, sulla penetrazione della luce, sull'immagine interna ed esterna
proprio perché il parametro "spessore" può essere legato
interattivamente a molti altri).
Gli elaborati che descrivono un progetto tendono così
a essere organizzati proprio nella accezione scientifica del termine modello.
La verifica dei risultati può essere compiute più e più
volte attribuendo dei valori specifici (che poi sono le ipotesi di progetto)
alle incognite. Questa potenzialità spinge il progettista a usare
il modello elettronico non solo per raffigurare, decidere e descrivere,
ma come una struttura aperta che di volta in volta simuli il comportamento
del sistema-edificio al variare delle ipotesi e degli obiettivi.
Non è di per se garanzia di buona architettura,
ma fornisce una possibilità di dialogo con clienti e i collaboratori
che Michelangelo non aveva. In ogni caso per il lavoro di progettazione
degli architetti si tratta della più importante conquista scientifica
dopo l'invenzione della prospettiva.
Antonino Saggio
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Pubblicato originariamente su
Antonino Saggio
DALLA TERRA AL CAD. MODELLI DI ARCHITETTURA
Costruire, n.132, maggio 1994 (pp. 33-34).
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Corso 2000 di Progettazione
Architettonica Assistita a La Sapienza
http://www.arc.uniroma1.it/didatticasaggio/
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