I Ciclo: L'impatto dell'informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea. Il World Wide Web
Tesi: Perchè ci è voluto tanto tempo per riusciure ad affermare un nuovo pardadigma nell'architettura? Quali sono stati i rivoli, i tentativi, gli esperimenti che, poi combinati insieme in maniera impensata e impensabile, hanno creato un nuovo pardadigma aindustriale e meccanico per l'architettura?
Quinta Lezione: La Lunga Crisi prima Parte
leggi con molt attenzione pagine 19-33 del libro
L'ampiezza della crisi
alla nascita del Mondo industriale 1. Lo schema a priori Boullée/ Ledoux / Durand
2. La logica della costruzione
Chi è? che fa? che ponte è?
.....
Dankmar Adler and Louis Sullivan /
Prudential Building (formerly Guaranty Building) /
Buffalo, New York / 1895-1896 3. L'artigianato "totale" e"
4. L'interscambiabilità e poi lo Stile
5. il Simbolo della contraddizione ()Michelucci Gruppo Toscano Stazione Santa Maria Novella)
Fermenti Nuovi I nuovParigi 1870ca i P La Logica Seriale e
quindi di nuovo A nalitica
Il mondo della crsi dell'Inurbamente e la situazione delle abitazioni La logica A Verso l'I
La Cavaliera
Cezanne Le grande Bagnanti 1896.1906
Guarda
il Video Johnny Cezanne per capire come la pittura
no Pa del B, Arte è D e quindi la Ar come N Domande o double check 4. Che
cosa è: Il panno della natura morta di Cezanne e
perchè Che tipo di logica si afferma? A sta per cosa. O meglio per quante cose Quale è lo strumento che genera la crisi? Quale equivoco dipana la sua nascita? Insomma alla fine quale è la grande "A" che attraverso Cezanne arriva alla costruzione estetica del movimento Moderno?
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Approfondimenti a cura degli Studenti
AS http://www.ted.com/index.php/talks/tim_brown_on_creativity_and_play.html saggio suggerisce, il designer Tim brown spiega come si ragiona sistematicamente nel desgin.. partendo dalle crisi, partendo dalle idee Un buon software che consente la trascrizione dell'audio in un testo si Chiama Adobe SoundBoot, forse c'è una versione di prova. Ma oggi questo si fa tranquillamente nello stesso sistema operativo... La catena di Vetro
Come la linea di Van Velde torna ad influenzare la ricerca di oggi Liakatas 2009 Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau! On 20-03-2003 13:22, "marco" <marcolivieri@hotmail.com> wrote: a proposito della lunga crisi dell'800
volevo condividere questa poesia di charles baudelaire
Rêve parisien tratta da les fleurs du mal (prima edizione
1857) E in effetti non ha forse Baudelaire indicato la strada da seguire? "Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau! " -in fondo all'Ignoto per trovarvi il nuovo!- CII SOGNO PARIGINO di Charles Baudelaire A Constantin Guys Ancora stamane mi rapisce
Liberare l'anima On 26-03-2003 1:08, "Massimo Fanasca" <maximo@mclink.it> wrote: RIFLESSIONI suscitate dalla lettura dell'articolo "Dalla terra al CAD" del 16/12/2000 pubblicato in ARCH'ITSUL VALORE DELLA PROGETTAZIONE MENTALE Da Pietro Abelardo (Dialectica, prima metà del XII sec.) a Leon Battista Alberti (De Re Aedificatoria, forse 1445-1450) a Raffaello (Lettera a Baldassarre Castiglione, 1515), la natura mentale del progetto non è mai stata posta in dubbio. Quello su cui è possibile discutere è la tecnica di restituzione dell'idea architettonica, da sempre influenzata dalla "maniera cognitiva" (cioè dal modo di pensare) proprio d'una data cultura, e che a sua volta determina il risultato architettonico. Da Vitruvio (De Architectura, ultimo quarto del I sec. a.C.), per tutto il medioevo, e rimanendo agli esempi citati, per l'Alberti (De Re Aedificatoria) e Raffaello (Lettera a Leone X, 1519, scritta con Baldassarre Castiglione), la rappresentazione dell'idea architettonica era affidata principalmente a disegni di piante, sezioni, prospetti. Daltronde la maniera cognitiva diffusa nell'Europa occidentale sino a buona parte del XX sec., è stata dominata dai concetti aprioristici di orizzontalità, verticalità, perpendicolarità. MICHELANGELO, dall'interno del modello rinascimentale, opera una prima importante RIVOLUZIONE: pur accettando per buoni programmi celebrativi, un'idea di visione monocentrica, forme di comunicazione figurative, modelli urbani chiusi e sistemi di costruzione continui, riesce a percepire la complessità della realtà e la crisi di valori che attraversa la cultura del suo tempo. E cerca nuovi parametri di comprensione del reale: alla presunzione delle regole di natura, immutabili e intelligibili, sostituisce la consapevolezza della mutevolezza della realtà vivente, della distanza della realtà materiale dalla perfezione, della dignità e della potenza espressiva di ciò che non è come gli altri avrebbero voluto che fosse. L'architettura diventa espressione d'uno stato dell'anima, che interpreta la vita vissuta come dramma. Michelangelo riesce, come Cezanne, a rappresentare per paradosso, attraverso la mutevolezza, l'essenza delle cose (vedi i "Prigioni" del 1530-34). Il neoplatonismo non rappresenta una via di fuga, ma la percezione chiara e distinta della preminenza dell'idea non solo sulla funzione, ma anche sulla forma (vedi il tema del "non finito"). Non importa lo studio dei tipi, né la sostituzione delle regole imperanti con altre: da questo punto di vista la rivoluzione michelangiolesca è superiore a quella tentata da Victor Horta col suo nuovo stile. È a Michelangelo che si devono i processi mentali da cui scaturiscono le architetture-sculture di Gehry: Buonarroti stesso riteneva di essere nato per la scultura; e se credeva che "la pittura mi pare più tenuta buona quanto più va verso il rilievo" (Lettera a Benedetto Varchi, 1546), probabilmente doveva pensare lo stesso per l'architettura (poiché "la pittura, e l'architettura e la scultura trovano nel disegno la loro sommità"; Francisco De Hollanda, Dialoghi romani con Michelangelo, 1548). Quello che Michelangelo possedeva, e che nessun modello elettronico potrà mai riprodurre, è la capacità di "cogliere" idee: nel proprio cervello, o meglio, nella propria Anima.
Rapa On 24-03-2003 0:33, "andrea di laurenzio"
<andreo@tiscalinet.it> wrote: il calcolatore è sicuramente la rapa del
nosrtro secolo, ma tanto il primo come il secondo
denunciano più il bisogno di informare o di essere
informati? Disegnare On 23-03-2003 23:55, "Michele Lisena" <mlisena@inwind.it> wrote: riporto un brano della premessa di Bruno
Zevi in "Rinascimento e manierismo" "E' l'età della prospettiva, scoperta deleteria poiché, al posto della realtà vissuta, pone come obiettivo la sua rappresentazione tridimensionale. Da quel momento, a parte i trasgressivi, gli architetti non pensano più agli spazi, ai volumi, agli snodi e ai percorsi, ma solo al modo di graficizzarli. Per facilitare tale compito, impoveriscono la loro strumentazione, geometrizzano, mortificano l'edificio in uno scatolone. Impera da allora l'assolutismo sadico del disegno, che provoca una strage professionale: migliaia e migliaia di persone dotate rinunciano a fare gli architetti perché <non sanno disegnare>, mentre a quelli che sanno disegnare dovrebbe essere precluso l'accesso alle facoltà di architettura." Questo brano di Zevi può, a mio avviso, essere attualizzato e descrivere appieno il difficile rapporto tra architettura e informatica. Si potrebbe affermare che troppo spesso, purtroppo, molti architetti non pensano più all'architettura "reale" ma solo a quella "virtuale". Troppo spesso oggi nelle fascinose 'rappresentazioni elettroniche dei progetti' si sacrifica l'architettura e i suoi contenuti reali. Nel suo articolo "Dalla terra al Cad" afferma: "Non è di per sé garanzia di buona architettura, ma fornisce una possibilità di dialogo con clienti e i collaboratori che Michelangelo non aveva." Garantire una "buona architettura" dovrebbe, a mio avviso, essere sempre e comunque l'obiettivo più importante del fare architettura.
Treni Crisi Crash Per anni mi sono rimaste alla memoria queste due immagini. Adesso le ho ritrovate AS.
Ho visto dal vero Il Cezanne, è alla COURTALULD di Londra AS
La stazione del Milano è il Colmo. Nel 1931 è INAUGURATA. Pagano non ci poteva credere
Ma chi Crea i Simboli? On 23-03-2005 14:15, "alessia.latini" <alessia.latini@libero.it> wrote: La "via dei simboli". Un percorso, una
strada che ci sta portando ad una sintesi linguistica, ad
un uso sempre maggiore della singola parola per definire
un concetto. Viviamo in un mondo di SEGNI, segnali di
obbligo, di convincimento, di ammaliamento. Come avviene
la decodificazione, in che modo un SEGNO può diventare un
SIGNIFICATO? Il processo è lo stesso che trasforma il
?dato? in ?informazione?, ovvero l? attribuzione di una
convenzione, che permette di creare quindi una
oggettivizzazione. In questo modo il segno si trasforma in
SIMBOLO. Poniamoci anche un? altra domanda: come si creano
le chiavi di interpretazione, le convenzioni? I due
soggetti principali di questo processo sono i
?comunicatori" dei simboli ed i fruitori degli stessi. I
primi possono attingere dalla conoscenza comune oppure
inventare dei nuovi simboli, dando vita spesso ad un nuovo
processo di mini-stratificazione culturale. I fruitori, a
loro volta, non devono fare altro che attingere alle
proprie conoscenze, dando un significato a volte anche non
coerente con la volontà del ?comunicatore" oppure, nel
caso di nuovi simboli, decidere come interpretarli e se
accettarli o meno. Mi vengono in mente a proposito due
casi che appartengono alla storia dell? architettura.
Pensiamo alla distruzione degli edifici di Ledoux da parte
dei rivoluzionari che avevano ad essi attribuito un
simbolo di potere. Pensiamo a Bilbao e alla trasformazione
di una città industriale in decadenza in una città in cui
si vende ?immagine". Pensiamo al rifiuto della popolazione
basca di una simbologia nella quale non si riconoscono,
perché non fa parte della propria storia, della propria
cultura.
"Interattività fisica vuole dire che
l'architettura stessa muta" On 31-03-2005 9:53, "Valeria Cataldi" <valeria@bonomogallery.com> Con la parola "interattività" sono emersi dalla mia memoria una serie di paesaggi mentali legati piuttosto all'interazione nello spazio di diverse entità fisiche, quali persone o cose, oggetti più in generale, che si sollecitano l'un l'altro. Ma quello che più mi interessava era la domanda che c'è a monte: perché, anche in campo artistico, tante volte si è cercata questa interattività? E come? Ovviamente le risposte potrebbero essere senza fine ma ho deciso di concentrare l'attenzione sull'interpretazione che dà Vito Acconci di interattività all'inizio della sua carriera artistica. Le sue prime performances nei lontani anni Sessanta-Settanta nascevano da un tentativo di divenire parte dell'architettura, «non più un'entità nello spazio ma parte della stanza, del pavimento, dell'ambiente», l'ambiente erano le pareti bianche delle gallerie dove il suo corpo diveniva immagine. Non più opere d'arte statiche da posizionare in un luogo casuale ma installazioni legate intimamente al luogo in cui si trovano. C'è inoltre da tener presente come il pubblico fosse parte costituente di tali esibizioni: in "Proximity Piece", 1970, l'artista si avvicina moltissimo a qualcuno in un museo, quasi sfiorandolo, intervenendo sul piano simbolico poiché il museo è proprio il luogo del non-contatto, sin dall'ingresso si sa che non si deve toccare, solo osservare. L'interattività diviene ancora più profondamente fisica (utilizzando il corpo nella sua totalità) intervenendo nello spazio, e quindi nell'architettura, che la contiene. L'importanza di questo artista non si fermava solo alla Body Art, ma arrivava molto oltre: Acconci filmava, fotografa, documentava in mille modi i suoi gesti, le sue azioni, in un certo senso faceva già dell'arte-informazione, pubblicità di sé stesso come opera d'arte in continua trasformazione e in continuo dialogo con il pubblico (interattiva dunque?). |