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Antonino Saggio I Quaderni
Book series
Gli Architetti Testo&Immagine : - Marsilio :
Sezione della Universale di Architettura
a cura di Antonino Saggio
La sezione "Gli Architetti" intende orientare verso
personalità creatrici che hanno affrontato la progettazione e la
costruzione attraverso una tensione "moderna" volta a trasformare le crisi
del mondo e della società in architetture pregnanti al tempo in
cui si collocano. Non vi è, né da questo punto di vista né
da altri, una differenza tra un architetto contemporaneo e un architetto
che ha vissuto in un'epoca lontana. La perfetta conoscenza delle fonti serve sempre in queste monografie e a sottomettere il dato filologico a quello critico.
Gli strumenti che guidano la scrittura sono eminentemente
formativi. Il testo si concentra sulle categorie più proprie del
fare architettonico attraverso analisi che riguardano l'articolazione dello
spazio, lo sviluppo della costruzione, le organizzazioni degli usi, le
scelte del linguaggio. All'interno di queste e di altre categorie proprie
"al fare concreto" della progettazione, il contributo specifico del singolo
architetto viene delineato attraverso l'analisi delle opere pricipali (illustrate
quasi sempre con foto a colori) e i necessari riferimenti al contesto culturale
e disciplinare in cui si collocano
Volumi pubblicati a cura di Antonino Saggio dal 2000 al 2010 ne
Gli Architetti
Universale di Architettura, Fondatore Bruno Zevi,
Editore Testo&Immagine 2000-2004, Marsilio 2005-2010
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Antonello Marotta, Toyo Ito, Marsilio, Venezia 2010 con Prefazione di AS
Pierluigi Fiorentini, Antoine Predock Echi del deserto, Marsilio, Venezia 2008
Maurizio Bradaschia, Klaus Kada, struttura, spazio, trasparenza, Marsilio, Venezia 2008 Emilia Giorgi, Eric Owen Moss, Paradigmi provvisori Marsilio, Venezia 2007
Luca Diffuse, Mariella Tesse, Sanaa, Sejima Nnishizawa Bellezza disarmante, Marsilio, Venezia 2007
Mel Gooding, Will Alsop, Un’architettura sociale, Marsilio, Venezia 2006
Luigi Spinelli, Paolo Soleri, Paesaggi tridimensionali, Marsilio, Venezia 2006 con Prefazione di AS
Laura Greco, Renzo Piano dalla macchina urbana alla città dell’informazione, Marsilio, Venezia 2005 con Prefazione di AS
Matteo Zambelli, Morphosis, Operazioni sul suolo, Marsilio, Venezia 2005
Ruggero Lenci, I. M. Pei, Testo&Immagine, Torino 2004
Luigi Pavan, Cappai e Mainardis, Testo&Immagine, Torino 2004
Giovanni Bartolozzi, Leonardo Ricci, Testo&Immagine, Torino 2004 con Prefazione di AS
Elisa M Travi, Cesare Cattaneo, Testo&Immagine, Torino 2004
F. Massad, A. Yieste, Eric Miralles, Testo&Immagine, Torino 2004
Luigi Spinelli, José Antonio Coderch, Testo&Immagine, Torino 2003
Antonello Marotta, Ben Van Berkel, Testo&Immagine, Torino 2003
Manfredi Nicoletti, Claude Parent, Testo&Immagine, Torino 2003
Francesco Rosadini, Luigi Carlo Daneri, Testo&Immagine, Torino 2003
Michele Costanzo, Bernard Tschumi, Testo&Immagine, Torino 2002
Rudolf Kein, Zvi Hecker, Testo&Immagine, Torino 2002 Con Prefazione di AS
Gaetano Ginex, Aldo Van Eyck, Testo&Immagine, Torino 2002
Lorenzo Dall'Olio, Tadao Ando, Testo&Immagine, Torino 2002
Pierluigi Fiorentini, Herman Hertzberger, Testo&Immagine, Torino 2002
Laura Greco, Norman Foster, Testo&Immagine, Torino 2002
Attilio Terragni, Daniel Libeskind, Testo&Immagine, Torino 2001 Con Prefazione di AS
Libri ideati e promossi dal prof. Zevi e curati da Saggio dopo la sua scomparsa.
Luca Galofaro, EeroSaarinen, Testo&Immagine, Torino 2001
Cesare De Sessa, Luigi Cosenza, Testo&Immagine, Torino 2001
Franco Careri, Costant, Testo&Immagine, Torino 2001
Antonella Romano, Giancarlo De Carlo, Testo&Immagine, Torino 2000 Con Prefazione di AS e GDC
Diego De Nardi, Jean Prouvé, Testo&Immagine, Torino 2000
A. Giancotti e R. Pedio, Maurizio Sacripanti, Testo&Immagine, Torino 2000
Bruno Zevi, Erk.G.Asplund, Testo&Immagine, Torino 2000
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Bernard Tschumi (Losanna, 1944), è preside della Graduate School of Architecture, Planning and Preservation alla Columbia University. Autore di numerosi testi teorici (Manhattan Transcripts, Architecture and Disjunction, Event Cities, Event Cities 2), è una delle figure più rappresentative dell'architettura contemporanea. Uno dei tratti che concorrono a delineare la sua personalità è la compresenza di due distinti interessi: l'uno rivolto all'ambito speculativo della riflessione critico-filosofica; l'altro indirizzato alla concretezza del reale, all'interpretazione dei bisogni della società postindustriale, alle possibilità configurative di uno spazio fisico a essa congruente. Ciò che lega in un insieme organico la sua ricerca teorica all'attività progettuale è l'introduzione del concetto di "evento" (mutuato dalla ricerca situazionista). "Non c'è architettura senza evento, non c'è architettura senza azione, senza attività, senza funzione. Ho sempre considerato l'architettura come una combinazione di spazio, eventi e movimento, al di fuori da gerarchie o precedenze." Diverse opere di grande interesse, per il loro innovativo contributo alla definizione del linguaggio architettonico contemporaneo, hanno fatto seguito alla realizzazione del progetto per il Parc de la Villette a Parigi (1982-98): la Glass Video Gallery a Groningen (1990), Le Fresnoy a Tourcoing (1991-97), il Lerner Hall Student Center alla Columbia University (1994-99), la Concert Hall and Exhibition Center a Rouen (1998-2001).
Michele Costanzo (Ancona, 1939), docente presso la facoltà di Architettura Valle Giulia a Roma, città in cui svolge attività progettuale e di ricerca, ha partecipato a concorsi nazionali e internazionali. Alcune sue opere sono state presentate in riviste nazionali. Ha curato mostre su significative personalità dell'architettura contemporanea. Collabora con importanti riviste italiane. Ha pubblicato numerosi articoli e saggi.
Nato a Cracovia nel 1931, Zvi Hecker emigra in Israele nel 1950, lavora con Alfred Neumann e nel 1972 apre uno studio professionale a Tel Aviv. La sua prima poetica si affida a montaggi di poliedri, di cui è esempio sintomatico la sinagoga nel deserto del Negev. In seguito opta per le forme a spirale (Spiral House, 1984-89). Lo scatto liberatorio dai vincoli geometrici avviene quando progetta la Scuola ebraica di Berlino, uno dei capolavori di fine Novecento. Tutti i progetti di Hecker sono sottoposti a un'interminabile metamorfosi, dovuta a un'ossessiva moltiplicazione di varianti; nessun altro architetto, forse neppure Borromini, manipola e tortura allo stesso grado le proprie concezioni. Il processo ideativo non può mai raggiungere una soluzione definitiva, è costantemente in fieri, in attesa di miglioramenti. L'architettura di Hecker sembra aver rinunciato alla dialettica occidentale per esprimere i contenuti architettonici più basilari (la tettonica, il carattere e la logica dei materiali costruttivi); la sua è quasi una ricerca dell'irrappresentabile, come la pittura astratta o la musica assoluta. Il risultato è un'esperienza architettonica radicale e unica, che genera capolavori difficilmente omologabili.
Rudolf Klein (1955) è professore di Storia e teoria dell'architettura presso la Tel Aviv University. Fra i suoi libri: Public Participation in Architecture (1987); From the Machine à habiter to sensitive architecture - 20th century theories (1988); L'art juif (con G.S. Rajna, Z.A. Maisels, R. Reich, D. Jarrasé, 1994), Tadao Ando (1996); Peter Eisenman (con G. Kunszt), 1999; Contemporary Architecture in Hungary (con E. e M. Lampel, di prossima pubblicazione).
Fanatico assertore dell'autonomia della forma a cui attribuisce virtù e significati del tutto magici", Aldo van Eyck (1918-1999) è stato, insieme a De Carlo, gli Smithson, Bakema, Candilis e altri, uno dei protagonisti della svolta introdotta dal Team X negli anni Sessanta e Settanta. Per van Eyck è come se l'architettura avesse sempre un duplice aspetto: da un lato è principalmente un fatto fisico, dall'altro è l'espressione di un'archetipicità che rende manifeste le energie nascoste nelle geometrie pure, capaci di esprimere "mondi, microcosmi e ambienti complessi". Le sue architetture narrano eventi unici, densi di molteplici segni che si insinuano nelle stratificazioni del sito diventando quasi principi formali concatenati fra loro. Manipolando forme pure, Van Eyck crea alfabeti architettonici che costruiscono un linguaggio di forme in cui non solo la materia si realizza in edifici costruiti, ma entrano in gioco più fattori, non ultimo il segno interpretato simbolicamente. In ogni sua opera si legge un rapporto progettato e meticolosamente equilibrato fra opera d'arte, struttura architettonica e spazialità dell'edificio, oltre alla capacità di creare fitte trame di leggi geometriche, capaci di tradurre contemporaneamente significati urbani e significati simbolici.
Gaetano Ginex, professore associato alla facoltà di Architettura di Reggio Calabria, svolge attività di ricerca all'interno del dipartimento di Architettura e analisi della città mediterranea (Reggio Calabria). Nel 1990 ha fondato il CESM (Centro Studi di Culture Mediterranee). Ha lavorato nel gruppo coordinato da Giancarlo De Carlo per la stesura del Piano Programma del centro storico di Palermo. È autore di diversi articoli sull'opera di Van Eyck e di numerosi saggi e contributi teorici sul tema della rappresentazione dell'architettura. Ha pubblicato Disegno e decostruzione (1997), Luoghi della memoria (1998) e ha curato il volume Nefta città-oasi dello Chott El Djerid (2000).
Tadao Ando utilizza il lessico della cultura architettonica occidentale; le forme, i segni, la struttura morfologica e figurativa delle sue opere sono in gran parte quelle della "nostra" modernità, eppure, dietro la sua scrittura architettonica così chiara, diretta, facilmente riconoscibile, dietro l'apparente familiarità del suo linguaggio, si cela un insieme di significati tutt'altro che immediatamente afferrabile. Il suo "racconto" architettonico, pur a prima vista comprensibile, non sembra concedersi a facili e definitive interpretazioni. Le sue architetture sono, molto al di là di quanto alcuni aspetti della sua opera inducano a pensare, profondamente radicate nella cultura giapponese e, in quanto tali, costituiscono ai nostri occhi un insieme di chiarezza e oscurità, di trasparenza e opacità, di lontananza e prossimità. Per capire il Giappone moderno, e forse per capire lo stesso Ando, bisogna allora liberarsi, come afferma Barthes, del dualismo oppositivo tipico del pensiero occidentale che ci fa percepire i contrasti secondo una logica positivo/negativo; bisogna allontanarsi "dalla via fatale di ogni asserzione (o di ogni negazione)", bisogna, insomma, pensare sì per antinomie, ma senza conflitto, senza contrasto, e dar vita a una rete di significati dalla struttura complessa e irriducibile.
Lorenzo Dall'Olio (Roma 1960) è dottore di ricerca in Composizione architettonica e professore a contratto di Teorie della ricerca architettonica contemporanea presso la facoltà di Architettura dell'università "La Sapienza" e presso la terza università di Roma, dove svolge anche attività di ricerca. Svolge attività didattica anche presso l'Istituto Quasar di Roma, dove è responsabile dei laboratori di Progettazione di interni del secondo e terzo anno. È autore in questa stessa collana del saggio Arte e architettura. Nuove corrispondenze (1997), e del volume L'architettura degli edifici per la sanità (Officina edizioni, 2000).
Formatosi negli anni Cinquanta a contatto con Aldo van Eyck nell'ambiente della rivista Forum, Herman Hertzberger (Amsterdam, 1932) è stato subito attratto dallo studio dei modi in cui gli spazi dell'architettura interagiscono con i comportamenti dell'individuo e della comunità. Alcuni motivi ricorrono costantemente nella sua lunga e intensa attività: l'attenzione al rapporto tra spazi collettivi e privati, tra esterno e interno, le idee di transizione e di soglia, la dimensione umana, l'appropriazione spontanea degli spazi da parte degli utenti, la tensione verso un'architettura intensamente impegnata nei confronti del sociale, che si faccia rappresentazione della democrazia. Senza cedere ad alcuna delle numerose tendenze succedutesi negli ultimi cinquant'anni, Hertzberger ha approfondito la sua ricerca con straordinaria coerenza, ampliandola continuamente per includere aspetti nuovi. Così, mentre nella prima parte della sua attività mette a punto una sintassi formale molto elaborata, in cui appare però una certa avversione a chiudere l'edificio in un'immagine complessiva e definitiva, nei progetti più recenti emerge la ricerca di nuove figure, in grado di ricondurre all'unità la complessa articolazione spaziale della sua architettura.
Pierluigi Fiorentini (1963), si laurea in architettura a Roma nel 1989. Dal 1992 svolge attività didattica e di ricerca presso la facoltà di Architettura di Pescara. Nel 1998 consegue il titolo di dottore di ricerca in Composizione architettonica. Ha partecipato a numerosi concorsi di progettazione, conseguendo premi e riconoscimenti. Collabora con la rivista L'Industria delle Costruzioni, curando testi critici e recensioni.
Norman Foster è una figura determinante del panorama architettonico degli ultimi trent'anni, al cui interno il suo elegante progetto tecnologico, inteso come categoria di sintesi al di là di forma e funzione, si è inserito metabolizzando gli stimoli culturali della società industriale e della rivoluzione informatica. Le architetture di Foster adottano la tecnica come strumento di narrazione della costruzione, la flessibilità come espressione di un progetto aperto, la sostenibilità come sfida del futuro. Questo volume, alla luce dei debiti culturali verso personaggi come Paxton, Eiffel, Prouvé, Fuller e i maestri del moderno, ripercorre i passaggi principali dell'attività di Foster, dagli anni del TEAM 4 quando, insieme a Richard Rogers, si è dedicato alla ricerca sui grandi contenitori polifunzionali, alle opere cult - la Hong Kong Bank e il terminal londinese di Stansted - sino alle recenti stazioni metropolitane di Bilbao e Londra. Laura Greco (Cosenza 1967), architetto, collabora all'attività scientifica e didattica dei corsi di Architettura tecnica I e II presso il dipartimento di Strutture dell'università della Calabria. Collabora a diverse riviste.
Nato nel 1946 nella devastata Polonia del primissimo dopoguerra, Daniel Libeskind studia musica in Israele per poi passare alla Cooper Union di John Hejduk e di Peter Eisenman. Dopo la scuola di architettura, indaga ancora altri settori e si specializza in storia e in filosofia all'università inglese dell'Essex. Per buona parte degli anni Ottanta intreccia percorsi e discorsi: e lo fa nei libri, in alcuni corsi e conferenze, nelle esposizioni come la Biennale veneziana del 1985 o la celeberrima mostra del Decostruttivismo del 1988. In questi anni è impossibile definirlo usando canoni tradizionali o barriere delimitate. I luoghi si intrecciano con le esperienze: Milano, Como, New York, Londra. L'approdo, naturalmente, non può essere che Ber-lino: terra lacerata e vitale, luogo e non-luogo del mondo in cui, come tutti sanno, completa nel 1999 un capolavoro cui questa collana ha gia dedicato un intenso saggio di Livio Sacchi: la nuova ala del Museo Ebraico di Berlino. Il lavoro di Libeskind si presenta come una linea zigzagante fra luoghi, idee e saperi che incide per il superamento della nostra presunta razionalità di dominio sul mondo e sulle cose e per una radicale messa in crisi delle nostre certezze.
Attilio Alberto Terragni (Como 1960) è progettista di numerose realizzazioni e ha ottenuto riconoscimenti per la partecipazione a concorsi nazionali e internazionali, fra cui Federation Square a Melbourne, attualmente in fase di realizzazione. Si occupa di critica architettonica presso il Centro studi Giuseppe Terragni di cui è promotore e ricercatore. Nel 1998 ha pubblicato la monografia Terragni ed è attualmente visiting professor presso il DIA (Dessau Institute for Architecture) e presso il Politecnico di Milano.
Leggi l'Introduzione e n.Cento
È difficile capire, rimanendo legati al filo conduttore delle sue opere, quale sia stata la linea di sviluppo dell'architettura di Eero Saarinen (1910-1961). Forse ciò che più ha caratterizzato la sua posizione all'interno dell'architettura americana è che, più della maggior parte dei suoi contemporanei, ha riconosciuto come un valido approccio ai problemi dell'architettura sia da ricercare nella pluralità dei punti di vista piuttosto che nella singola posizione mentale di un individuo, nell'idea di un'architettura sincera, in cui oltre ai principi del costruire sia presente la voglia di innovazione e la ricerca costante delle soluzioni ai problemi legati alla realtà quotidiana. Per Saarinen non si può parlare di funzionalismo, ma di realismo poetico. Pur lavorando per committenti importantissimi - IBM, università, General Motors, solo per citarne alcuni - è riuscito a far dialogare due diversi tipi di approccio: quello pragmatico dei principi modernisti e quello della totale libertà e ricerca di innovazione propria di un piccolo atelier. La sua presenza silenziosa, testimoniata da capolavori come il terminal della Twa all'aeroporto di New York, il Milwaukee War Memorial e l'aeroporto Dulles a Washington, ha saputo definire con precisione quelli che dovrebbero essere ancora oggi imperativi imprescindibili: controllo sull'atto di costruire e partecipazione coscienziosa alla produzione di significato.
Luca Galofaro, laureato in architettura a Roma, si è specializzato negli Stati Uniti con un master in Scienze spaziali presso l'International Space University UAH. Nel 1996 fonda con Carmelo Baglivo e Stefania Manna lo studio di architettura IaN+. Insegna all'Istituto Europeo di Design. Ha pubblicato articoli e progetti su diverse riviste e i volumi Concorso per il Chicago Tribune (Testo & Immagine, 1997), Eisenman digitale (Testo & Immagine, 1999), IaN+ (in 5tudi, con Carmelo Baglivo, Editrice Librerie Dedalo, 2000).
La "volontà del linguaggio" segna le opere degli architetti italiani durante il ventennio fascista, in un contesto caratterizzato dalla retorica e dalla sopraffazione del regime. In quest'ambito culturale esordisce Luigi Cosenza (1905-1984), architetto anticonformista, refrattario ad accomodamenti e giochi di potere. Già nelle prime opere esprime la possibilità di incidere sulla realtà urbana con edifici che contemperino qualità ed esigenze economiche. Con la raffinatezza del suo stile contrappone la "flessibile maestosità" dell'intelligenza, la taciturna e scarna essenzialità alla verbosità e al monumentalismo dell'architettura di regime. Accostato per affinità linguistiche e riferimenti culturali ad alcuni fra i più grandi maestri europei come Gropius, Behrens, Loos, Le Corbusier, egli sceglie di esprimere, attraverso la qualità architettonica, un messaggio di cambiamento. La fabbrica Olivetti di Pozzuoli (1951-54) rappresenta l'intervento più eloquente della sua produzione. Cosenza vi comunica un'idea realistica e civile della fabbrica: un luogo di lavoro in cui le ragioni della produttività e del profitto sono perfettamente congruenti con il rispetto per gli uomini che a quel profitto concorrono, dando loro condizioni di vita confortevoli. Non solo un'alta lezione di architettura, una delle opere più importanti del Novecento italiano, ma anche un insegnamento di civiltà e democrazia. Cesare De Sessa svolge attività di ricerca presso il dipartimento di Architettura e analisi della "Sapienza" di Roma. Collabora con diverse riviste e ha pubblicato: Plotino e l'architettura. Le radici storiche del Movimento Moderno (1984); Luigi Piccinato architetto (1985); Musei e gallerie (1989); Capire lo spazio architettonico. Studi di ermeneutica spaziale (1990); Zaha Hadid (1996); Coop Himmelb(l)au (1998).
L'intera vita di Constant Nieuwenhuys, o più semplicemente Constant, come ha sempre preferito farsi chiamare dai suoi compagni situazionisti, è il tentativo di immaginare come potrebbe svolgersi in altro modo la vita degli uomini su questa Terra. Il suo cognome ha qualcosa di profetico: in olandese significa "nuova casa". Il suo progetto di New Babylon è un nuovo habitat per una nuova umanità nomade, libera dalle schiavitù del lavoro e della sedentarietà. New Babylon è molto più di un'affascinante ipotesi urbana che precorre le megastrutture degli anni Sessanta e molto più di un bellissimo progetto che anticipa le architetture degli anni Novanta. È prima di tutto un'appassionata dichiarazione d'amore all'umanità, un manifesto politico che intende ricordare a tutti gli uomini che sono liberi. La domanda cui Constant ha sempre cercato di dare risposta, durante tutta la sua attività d'avanguardia, è semplice: come sarà la società quando sarà libera dal lavoro? O, meglio: come sarà la vita quando si raggiungeranno la completa automazione della produzione, la socializzazione dei mezzi di produzione e un'equa distribuzione dei prodotti fra gli abitanti della Terra? La risposta è altrettanto semplice: non dovendo più lavorare, l'uomo non avrà più bisogno di un domicilio fisso, potrà ricominciare a fluttuare liberamente nello spazio e a esplorare tutti gli angoli del pianeta, l'attività lavorativa si trasformerà in attività creativa e l'Homo faber si trasformerà in Homo ludens.
Francesco Careri (Roma, 1966), architetto, è membro di Stalker, laboratorio interdisciplinare che compie ricerche sperimentali sugli spazi marginali della città contemporanea. Insegna all'Institut d'Arts Visuels di Orléans e collabora con le facoltà di Architettura di Reggio Calabria e Roma Tre. Sta realizzando cinque case unifamiliari a Rézé (Nantes) e ha in corso di pubblicazione un libro sul tema dell'erranza come pratica estetica (WalkScape, Gustavo Gili, Barcelona 2001).
Giancarlo De Carlo è nato a Genova nel 1919. Il rapporto centrale fra l'uomo e l'ambiente, verificato dalla sua opera e teoricamente espresso attraverso un'elegante e vasta produzione di scritti, lo colloca fra i protagonisti più complessi e impegnati della cultura architettonica internazionale contemporanea. In un attento e non facile processo di coinvolgimento dei fruitori, ha realizzato le originali configurazioni spaziali richieste dalla dinamicità del vivere e, in un linguaggio variegato e molteplice, ha espresso una concezione dello spazio libera, dando voce e dignità al principio di identità dell'uomo e restituendo all'architettura l'organica capacità di comunicare. Gli è stata conferita, di recente, la medaglia d'oro del Royal Institute of British Architects per il suo impegno civile e perché, "in un'epoca in cui le politiche pubbliche pretendono di assoggettare al mercato l'etica dell'architettura, non costruisce monumenti ma comunità", testimoniando "un senso dello spazio che incarna la realtà fisica del vivere, e specialmente del vivere insieme".
Antonella Romano è dottore di ricerca in Storia dell'architettura presso l'università "La Sapienza" di Roma, dove dal 1991 - più volte assegnataria di borse di studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche - ha svolto attività didattica ed è stata membro di progetti di ricerca scientifica di ateneo su temi di Storia dell'architettura contemporanea. Oltre a diverse monografie, ha pubblicato numerosi saggi su riviste internazionali, fra le quali L'architettura - cronache e storia diretta da Bruno Zevi.
Leggi l'Introduzione
Jean Prouvé nasce a Parigi nel 1901. Le difficoltà economiche familiari gli impediscono di intraprendere gli studi di ingegneria, costringendolo a imparare l'arte del fabbro ferraio nel clima culturale della scuola di Nancy, di cui il padre Victor è stato uno dei fondatori. Nel 1923 apre il suo primo atelier a Nancy. Membro fondatore dell'Unione degli Artisti Moderni (1930), frequenta e collabora con Le Corbusier, Mallet-Stevens e Lurçat. Con Beaudouin e Lods realizza la Maison du Peuple (1936-38), manifesto dell'edificio-macchina, interamente prefabbricato in officina impiegando la lamiera di acciaio piegata. Entrato nella Resistenza durante il conflitto, alla Liberazione diviene sindaco di Nancy e impiega tutte le sue risorse nella progettazione di alloggi prefabbricati prodotti industrialmente per i senzatetto. Nel 1947 sposta gli Ateliers Jean Prouvé nella nuova sede di Maxeville, producendo numerosi prototipi di case prefabbricate. Ottiene numerosi riconoscimenti internazionali, fra cui il premio August Perret dall'UIA (1963) e la laurea honoris causa del Politecnico di Losanna (1969) e dell'università di Stoccarda (1976), testimonianze del prestigio internazionale che lo porta a presiedere la giuria del concorso del Centre Pompidou a Parigi (1971). Muore il 23 marzo del 1984 a Nancy.
Diego De Nardi (Treviso 1965), architetto, svolge attività didattica e di ricerca presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia.
Maurizio Sacripanti nasce nel 1916 a Roma, dove si laurea in architettura nel 1941. Convinto sostenitore dell'inscindibilità delle discipline artistiche, si lega a figure di primo piano del panorama artistico italiano, quali Mafai, Perilli e Capogrossi, Mastroianni e Pedio, insieme al quale nel 1972 raccoglie i suoi progetti più innovativi nel volume Città di frontiera, testo straordinariamente d'avanguardia per contenuti e progetto grafico. Dalla metà degli anni Settanta riesce a dare concretezza alla sua feconda elaborazione progettuale, conclusa con la realizzazione del Museo-ponte di Maccagno. Professore alla Sapienza di Roma, membro dell'Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze, dell'Accademia Clementina di Bologna e dell'Accademia di S. Luca a Roma, ha ricevuto dall'università di Houston il "Distinguished Contribution To Architecture". I disegni del progetto per il nuovo teatro lirico di Cagliari sono stati inseriti nell'archivio del Dipartimento di architettura e design del MoMA di New York. È scomparso nel settembre del 1996.
Alfonso Giancotti (Frosinone, 1970) si è laureato in architettura nel 1994 a Roma, dove svolge la propria attività professionale. Ha lavorato presso lo studio di Sacripanti.
Renato Pedio (1929-1999) si è laureato in Lettere a Roma nel 1952. Membro di Gruppo 63 e poeta (Bricolages, 1966), con Achille Perilli ha fondato il Gruppo "Altro" di Roma, realizzandovi testi teatrali. È stato redattore capo di L'architettura - cronache e storia. È autore di diversi volumi, fra cui Enzo Mari designer (1972) e Piero Sartogo. Fictions (1998).
L'importanza dell'opera di Asplund trascende il valore artistico dei suoi edifici, ponendo un problema culturale in cui si è impegnata l'Europa. L'Esposizione di Stoccolma del 1930 incise sullo sviluppo dell'architettura moderna in modo così decisivo che oggi si parla della "rivoluzione del Trenta" e di un "secondo funzionalismo", che avrebbe preso le mosse proprio dai padiglioni di Erik Gunnar Asplund. Ma è storicamente legittimo parlare di rivoluzione? Questo è il primo problema critico da risolvere. C'è poi quello del preteso neoclassicismo di Asplund, che ha dato luogo a una lunga speculazione antifunzionalista ed è tuttora dibattuto. Asplund ha dato l'impronta a tutta l'architettura svedese fra gli anni Trenta e Quaranta e ha influenzato direttamente lo svolgimento del pensiero architettonico europeo. Pochi fra i non addetti ai lavori ne conoscono il nome; eppure, con Aalto, è forse la figura di maggior rilievo della "seconda generazione" di architetti moderni d'Europa.
Bruno Zevi (1918-2000), fondatore e direttore dell'Universale di Architettura, si è laureato con Gropius presso la Graduate School of Design di Harvard e ha partecipato all'antifascismo nelle file del Partito d'Azione. Ha promosso l'Associazione per l'Architettura Organica (APAO), ha fondato la rivista L'architettura - cronache e storia ed è stato ordinario di Storia dell'architettura a Venezia e Roma. Fra le sue opere: Saper vedere l'architettura, Storia dell'architettura moderna, Il linguaggio moderno dell'architettura, Erich Mendelsohn. Opera completa.
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Sezione della Universale di Architettura fondata da B. Zevi nel 1978
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