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Antonino S aggio H ome
 
 

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Modelli  decisionali  diagrammatici scientifici  per un'architettura in forma di modello.

di Antonino Saggio
 
 
 

Cari amici di Rappresentazione.net, aderisco con piacere al vostro invito per un contributo sulle tematiche che ci sono a cuore. Uso la forma diretta e colloquiale della lettera perché è quella che mi permette il massimo della sinteticità (per cui si dà per inteso che ci si capisca anche su questioni molto specifiche). Ma la forma lettera, mi sembra  anche una forma "propria" di  comunicazione scientifica quando all'oggettività dei risultati che si vogliono comunicare ai colleghi (e verso i quali siamo e siamo stati fortunatamente educati) vogliamo sostituire  la soggettività delle idee: una forma quindi più nebulosa, aperta, incerta ma anche intrensicamente dinamica, e credo, alla fin fine, preziosa.

Ora riflettendo un poco a quello che in questi venti anni circa - come non credo sappiate sono un possessore di uno dei primi 10mila Mac costruiti, ho perso il certificato a firma di Steve Jobs, ma è un'onorificenza di cui com'è ovvio anche qui mi pavoneggio - allora dicevo in questi quasi vent'anni di lavoro con i computer a me sembra che un anello che ci accomuna ruota attorno alla parola modello e che giustamente inserite nella vostra home in una accezione che io condivido pienamente.
 

Questo sito è dedicato ad una concezione  ampia del disegno per l’architettura: come insieme di tutti quei modelli,  grafici, fisici o informatici che,  trasformandosi l’uno nell’altro, convergono verso l’idea  progettuale.
Ora la parola modello  fa subito tremare le vene ad un architetto, anche minimamente colto, e vedo benissimo per un verso, per un altro intuisco,  quanto dall'angolo visuale dell'architettura che voi adottate questa parola apra a riflessioni,  ricerche, modi di rappresentare lo spazio.

Dal mio angolo visuale il centro della parola "modello" si è focalizzato su un intreccio per cosi dire strutturale di tre famiglie di problemi che convergono verso questa parola e verso una sua possibile aggettivizzazione.

La prima area usa il termine modello dal punto di vista concettuale o forse meglio sarebbe dire decisionale intendendolo come infrastruttura, di natura concettuale e teorica, per operare scelte di natura spaziale. Ora per capire anche brevemente questo modo di operare, e trattenendoci per puro rispetto del vostro tempo solo all'ultimo secolo, a me sembrano emergere quattro tipi di modello decisionale.

Il Primo è di natura decisamente oggettiva. Postula, dico postula, dei bisogni oggettivi e trova, dico trova, delle soluzioni oggettive. Esempio?  Basta guardare come lavorava Alexander Klein o i tipici funzionalisti tedeschi negli anni Venti. L'uomo aveva dimensioni date, occupava spazi dati e per ciascuna sua funzione si poteva arrivare a una soluzione certa. Il Modello decisionale era chiaramente espresso nell'ambito teorico del Manuale (come quello famosissimo di Neufert) e appena ad un grado decisionale più complesso del Regesto tipologico.
Un matematico architetto dal nome di Alexander non smentisce questo approccio ma lo allarga negli anni Sessanta del Novecento. E' il secondo approccio rilevante secondo me del Modello decisionale. Dicendo, Alexander,  eh no attenzione, dobbiamo suddividere e suddividere i requisiti funzionali, "esplicitarli" sino al grado più basso e poi,  e solo allora attraverso una struttura a lattice complesso, potremo decidere (e alcuni nostri colleghi e amici credettero che fosse vero e si misero a fare delle schede perforate - ancora viaggiavano da noi in facoltà nei primi anni Settanta - per operare scelte di architettura). Il modello decisionale diventa così Prestazionale.

Un fronte che a me ha sempre interessato come progettista, cioè quando ero trentenne, è stato quello che proponeva un modello decisionale di tipo
Strutturale, o meglio Strutturalista. E mi riferisco ovviamente alla deriva filosofica che parte da Levi-Strauss e non al fatto costruttivo (che lo include semplicemente come sotto categoria). Parlo in particolare di Habraken e del Sar olandese che proponeva per la prima volta coscientemente una "gerarchia delle scelte" alcune che formavano le strutture fisse (come appunto l'antropologia strutturale aveva insegnato nei contesti comportamentali) dall'altro le variazioni delle forme e dei comportamenti "entro" quelle strutture fisse che Habraken chiamava Supports.

progetti di Saggio con altri autori nel corso degli anni Ottanta Dettagli Qui
 

A guardare adesso a me sembra incredibile come fino alla fine degli anni Ottanta io stesso credessi fermamente in questo modello decisionale (ho scritto molto a proposito, metto qualcosa alla fine assieme a qualche altro riferimento bibliografico). Come tutti sappiamo al modello decisionale oggettivo, al modello decisionale prestazionale, al modello strutturalista si è sostituito oggi il modello diagrammatico. Che cosa è mai il processo decisionale diagrammatico?. Beh si potrebbe dire banalizzando: "è uno schizzo". E invece no! Il modello decisionale diagrammatico non è la prefigurazione di un'idea finale, è la prefigurazione di un processo,  è la prefigurazione delle relazioni che intercoreranno nell'architettura a partire da codice dna generatore e regolatore del suo sviluppo. Gli esiti dipenderanno da una serie di accidenti che intervengono come variabili per modificare quel diagramma-codice.
Quale è il grande passo? Il grande passo è che il modello diagrammatico è dinamico, intrinsecamente dinamico. L'arrivo di questa parola fa entrare in gioco due cose: A. Evidentemente l'elettronica e i computer, e B. l'uso dinamico "dei dati". Due cosettine che dette così sembrano pane e mortadella e invece sono due faccende di mostruosa importanza.
A questo punto dobbiamo fermarci con l'uso della prima famiglia dell'uso della parola Modello (come decisionale) e aprire un altro capitolo. Quello dell'uso del termine Modello come modello prettamente scientifico.

Se si guarda lo Zingarelli si scopre una cosa veramente divertente. Uno delle primi definizione della parola modello è quello di modello statistico, fisico matematico per interpretare la realtà. Bello il lapsus. La riga appena fatta è scritta "come la ricordavo" uso con il verbo interpretare (con anima indi più critica) ma Zingarelli (ho controllato adesso) non dice interpretare ma dire rappresentare (indi con una vocazione che più avvicina il vostro lavoro) «Modello. Schema teorico elaborato in varie scienze e discipline per rappresentare gli elementi fondamentali di uno o più fenomeni o enti».
Torniamo a noi: la cosa particolare dell'uso del termine Modello come modello scientifico è che questo presuppone equazioni, (ramificazioni di equazioni) con dati fissi e variabili. Bella cosa l'uso del termine Modello in questa accezione. Un modello scientifico è dunque "dinamico" in partenza e per principio.
Naturalmente quando è stato "inventato" lo spreadsheet attorno al 1978, questo mondo è esploso. E' il pensare "What if", è il Prefigurare alcune relazioni per consentire poi al modello di indagarle.
Importante è vedere che cosa è successo e cioè che il punto di arrivo è il medesimo del percorso precedente. Anche il modello scientifico converge verso A. L'elettronica, e B. l'uso dinamico dei dati.

Qui avrei desiderio anche di parlare o riparlare del modello Esperto e semantico (che ha a che vedere con l'uso dell'intelligenza artificiale) e sul modello Generativo (che simula dai frattali alla shape grammar algoritmi biotransformazionali) ma mi fermo e lascio stare questi capitoli che sarebbero il terzo e il quarto e neanche tocco quello dei Modelli di rappresentazione che investono lo statuto di ricerca di questo vostro sito.  Dei vari modi di intendere la parola modello dal mio punto vista, vorrei finire con l'uso più proprio del termine per un architetto progettista. Cioè il modello spaziale-architettonico. Qui lascio la parola ad un me più giovane e più serioso perché è il caso di capire "veramente bene" quello di cui parlo perché credo che anche dal vostro angolo visuale può essere interessante.

Si tratta di quello che ho chiamato strutture gerarchiche e che caratterizza molti pacchetti applicativi di Computer Aided Architectural Design o di rendering dinamico (come Vectorworks™ o StrataVision™ ma anche molti altri).
Partiamo dalla fine. Se è vero che tutte le concezioni di modello conducono all'elettronica e alla interconnessione dinamica dei dati, questo accade naturalmente anche nel modello spaziale-architettonico? Qui il termine modello ha la potenza  di raccogliere "tutti" i sotto utilizzi che abbiamo indicato. Innanzitutto può essere decisionale diagrammatico, avendo come base gli algoritmi sempre più sofisticati dei pacchetti Caad odierni, può incorporare come speciali plug-in moduli esperti o generativi, ma soprattutto incorpora l'uso scientifico del temine modello perché è  interconnesso, mutabile. I dati vi sono interrelati secondo l’accezione scientifica del termine modello (matematico, finanziario fisico, statistico). Mi viene ogni tanto da sorridere quando penso che ancora molti dei nostri colleghi pensano che il Caad consenta di essere "come un modello", "come un plastico". Il  modello spaziale architettonico informatico di un edificio non è solo una costruzione tridimensionale che permette infiniti punti di vista, ma è proprio un modello mobile, interconnesso, decisionale.
Il centro di questa caratteristica consiste nel fatto che molti programmi Caad consentono la possibilità di avere una struttura gerarchica (di volta in volta chiamata  simbolo, tipo, oggetto eccetera) che rappresenta la possibilità di creare quella ragnatela mobile che è il succo della progettazione elettronica.
Cerchiamo di capire meglio. L’organizzazione orizzontale per strati trasparenti (layer) offerta da tutti i Caad è il perfezionamento di una modalità di lavoro tradizionale. Progettare grazie ai layer, pur se con tutti vantaggi di una manipolazione elettronica dei dati, non amplia le possibilità tradizionali, ma le rende solo estremamente più efficienti. Il vero aspetto innovativo  avviene quando si prende in esame la struttura verticale (e  appunto gerarchica). Si tratta della possibilità di organizzare un progetto attraverso una piramide rovescia che attraverso combinazioni in insiemi via via più complessi degli elementi determina un ambiente di progettazione estremamente flessibile con  relazioni dinamiche tra i dati. Le possibilità della simulazione in questi ambienti può affrontare contemporaneamente l’organizzazione spaziale e costruttiva, funzionale e formale, quantitativa e economica. Un progetto rappresentato in un modello elettronico consente di avere delle relazioni dinamiche tra i dati che descrivono su tre dimensioni un progetto per cui, al variare di alcuni, ne variano di conseguenza altri a loro connessi. Le possibilità della simulazione in questi ambienti affronta di conseguenza l’organizzazione spaziale e costruttiva, funzionale e formale (e non solamente quantitativa) del progetto.

Il punto di arrivo è dunque analogo. Si tratta di muoversi in un'idea di modello intrinsecamente dinamico dei dati consentito solo dall'elettronica. Si va bene, si dirà, ma per fare che architettura? Ma per fare una architettura "a sua immagine e somiglianza"  è la risposta.
In questo sforzo questa direzione si dovrebbe lo sforzo della  serie di libri "La Rivoluzione Informatica" che è ormai giunta anch'essa come il mio Mac, al ventesimo volume.
Mi auguro che tra un poco diventi più chiaro che questo è un lavoro collettivo, e che  è stato compiuto per far muovere l'architettura verso la "coscienza" della centralità delle informazioni. E con franchezza ci stiamo quasi riuscendo.

A presto cari amici e  buon lavoro  anche insieme.
Nino Saggio


 
 
Antonino Saggio è titolare del corso di progettazione Architettonica Assistita a La Sapienza di Roma. Professore associato in Progettazione architettonica è il direttore della Collana La Rivoluzione Informatica in Architettura edita in Italiano da Testo&Immagine, in Inglese da Birkhauser in Cinese da Prominence. E' stato negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta autore di molti contributi nel Caad sia nel settore della ipertestualità in architettura, che nell'utilizzo delle strutture gerarchiche. Alcune di queste ricerche sono rifluite anche nei suoi libri in particolare in Giuseppe Terragni, Vita e opere, Laterza 1995.
Il suo recente "L'Architettura informa" può rappresentare il seguito di questo intervento: è contenuto in F. Barzon, La Carta di Zurigo Eisenman, De Kerckhove Saggio, Testo&Immagine, Torino 2003 mentre sul ruolo dell'informazione nella modifica, anche storica, del modo di avvicinarsi all'architettura ci si può riferire a "Nuove Soggettivita' L'architettura tra comunicazione e informazione", in Op. Cit n. 112, Settembre 2001. Sulle strutture gererchiche vedi."Hypertext, Solid Modeling and Hierarchical structures in architectural formal analysis". in: Caad Futures North-Holland, New York 1993.
Questo scritto riprende alcuni temi e amplia sensibilmente  le ricerche compiute dall'autore sul termine modello.
Vedi in particolare: Un modello intelligente per la ricostruzione e l'analisi dell'architettura in:  AA. VV., I.CO.Graphics, Atti del convegno, Mondadori, Milano 1993 e soprattutto Verso una logica della Simulazione apparso solo in tedesco  Die Logik der Simulation. Wiederaufbau, kritische Analyse und Renovation "Architese", gennaio 1994.
Da questo link
VAI
Si può accedere alla lista dei contributi, alcuni dei quali consultabili in rete.

Decisional models, diagrammatic, scientific, for architecture in form of model

Antonino Saggio
 
 

Dear friends of Rappresentazione.net, I am very pleased to comply, following your invitation, with a contribution on the themes that are so important to us. I will use the direct and colloquial form of a letter, because this form enables me to be concise (being sure that we understand each other even on very specific matters). The letter form also seems to me a "proper" form of scientific communication; as regards the objectivity of the results, that we would like to communicate to our colleagues (results, which we are and we have been educated to achieve, fortunately), we want to replace the subjectivity of the ideas: a form, therefore, vague, open, uncertain, but also essentially dynamic, and, I believe, after all, precious.
Now, reflecting a little on what in these last twenty years - I do not think you know that I am the lucky owner of one of the first 10.000 Mac’s, I have lost the certificate with Steve Jobs’ signature, but it is an honour of which, as it is obvious, I am very proud - I said then, during these last nearly twenty years of work with the computer, it seems to me, that a link, which unites us, revolve around the word ‘model’, which rightly is included in your home page in a meaning that I entirely share.

 This website is dedicated to an ample conception of the drawing for the architecture: as a whole of all those models, graphic, physical or computerized models that, transforming themselves the one into the other, converge toward the project idea.

 The word ‘model’ turns an architect’s soul inside out, and in one way I can very well see, in an other I know by intuition, how much, from the point of view of the architecture that you use, this word can lead to further reflections, researches, ways to represent the space.

 Seen from my visual angle, the center of the word ‘model’ has focussed on an interlacement, for so to say structural, of three families of problems, which converge toward this word and toward its possible adjectivation.

The first area uses the term ‘model’ from the conceptual point of view or maybe it would be better to say decisional, intending it as an infrastructure, of conceptual and theoretical nature, to operate choices of spatial nature. Now, to understand this way to operate and, for the sake of brevity, we will limit ourselves to the last century, it seems to me that four types of decisional models emerge.

 The first is of definitely objective nature. It postulates, I say postulates, objective needs and it finds, I say it finds, objective solutions. Example?  All it takes is to see how Alexander Klein, or the typical German ‘functionalists’, worked in the twenties. Man had given dimensions, occupied given spaces and every space and function should lead to certain solutions. The decisional Model was clearly signified within the theoretical ambit of the manual (as the famous one written by Neufert) and at a decisional level just a bit more complicated than the typological Regest.

A mathematician architect, with the name Alexander does not deny this approach, but he extends it during the sixties of the twentieth century. It is the second relevant approach, in my opinion, to the decisional Model. Saying, Alexander, eh no ? pay attention! we have to subdivide and subdivide the functional requisites, "make them explicit" until the lowest degree and then, and only then, through a complex latex structure, we will be able to decide (and some of our colleagues and friends thought that it was true and started making perforated cards ? they still strolled around in our faculty during the first part of the seventies - to make architectural choices). The decisional Model becomes so Prestazionale  (that is, it gives a description of the performances).

A Front, which has always been of interest to me as an architect, namely when I was thirty years old, was the one, which proposed a decisional model of structural type, or better Structuralist. And I obviously refer to the drifting philosophy, which departs from Levi-Strauss, and not to the constructive fact (which includes it, simply as an under-category). I refer in particular to Habraken and to the Dutch SAR, that proposed, for the first time consciously, a "hierarchy of the choices", some of which conceived the fixed structures (exactly as the structural anthropology had taught in the behavioural contexts) others the variations of the forms and of the "infill" functions within those fixed structures that Habraken called Supports.

To look upon it now, it seems to me unbelievable how, up to the end of the eighties, I myself firmly believed in this decisional model (I have written much about this matter, I will put something of it at the end, together with some other bibliographical references). As everybody knows, the diagrammatic model replaces nowadays the objective decisional model, the prestazionale decisional model and the structuralist model. What on earth is the diagrammatic decisional process? Well, it could banally been said so: "It is a sketch". But no! The diagrammatic decisional model is not the prefiguration of a final idea, it is the prefiguration of a process, it is the prefiguration of the relationships that will intercur in the architecture starting from the DNA code, generator and regulator of its development. The results will depend on a series of accidents that intervene, as variable, to modify that diagram-code.

Which is the great step? The great step is, that the diagrammatic model is dynamic, intrinsically dynamic. The arrival of this word makes two things enter into game: A. Obviously the electronics and the computers, and B. The dynamic use "of the data". Two ‘small things’ that seem so easy to most of us, but they are instead two matters of enormous importance.

At this point we have to stop dwelling on the use of the first family of the word ‘model’ (as decisional) and open another chapter. The one, which consider the use of the term ‘model’ as the application of a purely scientific model.

If we consult the Zingarelli dictionary, we will discover a really amusing thing. One of the first definitions of the word ‘model’, is that of statistic model, physical, mathematical to interpret the reality. What a lapsus. The line just reported is written "as I remembered it" with the verb interpret (indi with a more critical spirit) but the dictionary (I have checked it just now) doesn't say interpret but it say represent (indi with a vocation that approaches more your work). “Model. Theoretical scheme elaborated in different sciences and disciplines, to represent the fundamental elements of one or more phenomena or entities”.

Let’s return to us: the peculiar thing about the use of the term ‘model’, as a scientific model, is that this presupposes equations, (ramifications of equations) with fixed and varying data sets. Fine, indeed, the use of the term ‘model’ in this acceptation. A scientific model is therefore "dynamic" from the starting-point and on principle.

When the spreadsheet was "invented" around 1978, of course this world exploded. It is the "What if..?" thinking, it is the Prefiguring some relationships, allowing the model to investigate them.

The main point is to see what has happened and namely, that the point of arrival is the same of the preceding path. Even the scientific model converges toward A. The electronics, and B. the dynamic use of the data.

I would also like to speak, or to speak once more, about the expert and semantic model (which has to do with the use of the artificial intelligence) and about the Generative model (which simulates, ranging from the fractals to the shape grammars, biotransformational algorithms) but I will stop here and leave alone these chapters, which would be the third and the fourth, and I don’t even touch that one of the Representation models, which invest the statute of Research of your website.  Of the various ways to intend the word ‘model’, from my point of view, I would like to conclude with the more characteristic use of this term for an architect designer. Namely the spatial architectural model. I will here call upon a younger and more serious ‘me’ to speak, because it is important to understand "really well" what I am speaking about, because I believe that, even from your visual angle, it may be interesting.

The problem in hand is what I have called hierarchical structures and that characterizes many application packages of Computer Aided Architectural Design or of dynamic rendering (as Vectorworks™ or StrataVision™, but even many others).

Let’s start from the end. If it is true, that all the conceptions of the word ‘model’ conduct to the electronics and to the dynamic interconnection of the data, does this happen naturally even in the spatial-architectural model? The term ‘model’ has here the power to gather "all" the under-use that we have pointed out. First of all it may be diagrammatic decisional, having as base the algorithms always more sophisticated of the today's Caad packages, it can incorporate, as special ‘plug-ins’, expert or generative modules, but, above all, it incorporates the scientific use of the term ‘model’, because it is interconnected, changeable. The data are interrelated according to the scientific acceptation of the term ‘model’ (mathematical, financial, physic, statistic). I sometimes feel like smiling, when I realize that many of our colleagues still believe that the Caad model can be considered "like a real model", "like plastics". The computer spatial architectural model of a building is not only a three-dimensional construction, that allows infinite points of view, but it is indeed a moveable model, interconnected, decisional.

The main point of this characteristic consists in the fact, that a lot of Caad programs allow the possibility to create a hierarchical structure (variously known as symbol, type, object et cetera), which represents the possibility of creating that moveable cobweb, which is the essence of the electronic planning.

Let’s try to understand it better. The horizontal organization into transparent strata (layers) offered by all Caad programmes, is the improvement of a traditional method of working. Designing by means of layers, even if with all the advantages of an electronic manipulation of the data, does not widens the traditional possibilities, but makes them only significantly more efficient. The absolute innovative aspect occurs when we turn to the vertical (and therefore hierarchical) structure. The problem in hand is the possibility to organize a project using an upside-down pyramid that, through combinations of groups of elements increasingly complex, determines an extremely flexible design environment with dynamic relationships among the data. A project represented through an electronic model consents to have some dynamic relationships among the data, which describe a project in three dimensions, therefore, when some data vary, others, connected to them, will accordingly vary, too. Consequently, the simulation, in these environments, can contemporarily face the spatial and constructive layout and the functional and formal (not only the quantitative) aspects of the project.

The point of arrival is therefore analogous. It deals with the moving inside the idea of a model, in which the data are intrinsically dynamic and this is consented only by the electronics. Yes, all right, you would say, but to create what kind of architecture? But to create architecture "to his image and similarity" is the answer.

In this direction was directed the effort of the series of books "La rivoluzione informatica" (IT Revolution in Architecture) which have by now reached, like my Mac, the twentieth volume.

I hope that it will soon become clearer for everyone, that this is a collective work, and that it has been done to steer the architecture toward the "conscience" of the centrality of the information. And frankly, I think we are about to succeed.

See you soon, dear friends, and good luck.

Nino Saggio
 
Antonino Saggio is titular of the course of Assisted Architectural Planning at the La Sapienza University of Rome. Professor at the Faculty of Architecture and Urban Planning, he is the creator of the La Rivoluzione Informatica in Architettura collection edited in Italian by Testo&Immagine, in English by Birkhäuser, in Chinese by Prominence. He has been, in the eighties and in the first part of the nineties, author of many contributions regarding the Caad technology, both in the section of the hypertextuality in architecture, and in the use of the hierarchical structures. Some of these searches are part of many books, in particular in Giuseppe Terragni’s, Vita e opere, Laterza 1995.
His recent "L’Architettura informa" can represent the succession of this intervention: it is published in F. Barzon, La Carta di Zurigo, Eisenman, De Kerckhove, Saggio, in Italian by Testo&Immagine, Torino 2003, while about the role of the information technology in the change, even historical, of the opportunity to draw nearer to the architecture, see"Nuove SoggettivitàL’architettura tra comunicazione e informazione", in Op. Cit. n. 112, September 2001. Regarding the hierarchical structures see "Hypertext, Solid Modeling and Hierarchical structures in architectural formal analysis” inCaad Futures North-Holland, New York 1993.

This paper resumes some themes and enlarges considerably the searches done by the author on the sense and the importance of the term ‘Model’.

See in particular: Un modello intelligente per la ricostruzione e l’analisi dell’architettura in  AA. VV. I.CO.Graphics, Atti del convegno, Mondadori, Milano 1993 and above all Verso una logica della Simulazione printed only in German  Die Logik der Simulation.Wiederaufbau, kritische Analyse und Renovation von Bauten der Architekturmoderne mit Hilfe des Computers in “Architese", January 1994.

From this link http://www.citicord.uniroma1.it/saggio/Bibliografia/Bibliografiacompleta.html
You may gain access to the list of the contributions, some of which are consultable on line.



 
 

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Http://www.Rappresentazione.Net
Maggio 2003/May 2003
Translation in to English care of Riccardo Migliari


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